Le Fonti Energetiche Rinnovabili in Europa e in Italia
Tra i numerosi obiettivi per lo sviluppo sostenibile a livello globale, con la Direttiva 2009/28/CE sono stati fissati dei target relativi alla diffusione delle fonti energetiche rinnovabili (FER), all’Europa e ai singoli stati membri.
L’obiettivo complessivo è quello di raggiungere, entro il 2020, una quota dei consumi finali lordi (CFL) di energia rinnovabile almeno pari al 20% in Europa e al 17% in Italia (Gestore Servizi Energetici, GSE SpA, 2020).
Lo scorso fine febbraio, il GSE ha pubblicato i dati relativi al 2018 sullo sviluppo e sulla diffusione delle fonti di energia rinnovabili:
– In Europa si registra una quota delle fonti rinnovabili complessiva del 18%;
– In Italia si registra una quota delle fonti rinnovabili pari al 17,8% sui consumi finali lordi.
L’Italia è l’unica tra i principali Paesi europei ad aver superato l’obiettivo fissato dalla Direttiva, entrata in vigore dal 2011 (l’obiettivo del 17,0% è già stato raggiunto nel 2014).

In Italia le principali fonti di energia rinnovabili sono:
– La bioenergia (42%, il cui 36% per l’energia termica e 8% per l’energia elettrica)
– L’energia idroelettrica (19%)
– Il fotovoltaico (9%)
In particolare, la produzione di energia elettrica da bioenergie ha riscosso un particolare successo negli ultimi anni, con un tasso medio di crescita del 10,8% (Biogas Italy, 2017).
La bioenergia viene ottenuta principalmente da:
– Biomasse solide (40%)
– Biogas (35%)
– Bioliquidi (25%)
La Bioenergia nel Settore Agroalimentare
Più di metà della produzione totale di biogas deriva dalla digestione anaerobica di rifiuti (deiezioni animali ed altri scarti di attività agricole e forestali), mettendo in luce una chiara opportunità per la filiera agroalimentare.
Già nel 2015, in occasione dell’Expo di Milano, la produzione di biogas è stata inserita all’interno del “Manifesto della Green Economy per l’agroalimentare”, come una garanzia di economia circolare delle risorse nel settore agroalimentare (Consiglio Nazionale della Green Economy, 2015).
Nell’ambito del Progetto Biogas 3, finanziato dal Programma IEE (Intelligent Energy Europe), la referente italiana Marianna Faraldi espone punti di forza e debolezza dei settori agroalimentari che più si prestano all’introduzione di impianti di biogas.
- La filiera della carne e i macelli possono sostenere l’alimentazione di impianti a biogas (attraverso scarti in quantità maggiori quali sangue, contenuto ruminale e grassi), ma necessitano di autorizzazioni provinciali di costruzione non sempre facili da ottenere.
- Il settore lattiero e caseario ha a disposizione il siero di latte, interessante in termini di resa in biogas ma problematico per la quantità di digestato liquido, un fertilizzante soggetto a limitazioni d’utilizzo.
- Il settore molitorio può avere una resa energetica interessante, ma lo scarto della crusca di grano è una commodity agricola venduta secondo l’andamento del mercato.
- Il settore oleario è maggiormente dibattuto. Seppur considerato poco idoneo, di recente è stato dimostrato che la sansa di olive può essere una matrice interessante per la digestione anaerobica, qualora gli accordi tra i produttori ne garantiscano un alto quantitativo.
- Il settore agricolo dipende molto dalla stagionalità dei prodotti e dalla quantità di scarti limitata, che non sempre giustifica un investimento di questo tipo.
Ciò evidenzia l’importanza di trovare modelli di collaborazione virtuosi tra i diversi produttori locali, per alimentare i digestori anaerobici con diverse fonti: ad esempio, alternare l’uso di sottoprodotti di origine agroalimentare ad effluenti zootecnici o altre tipologie di scarti.