I prodotti “green” sono economicamente competitivi?
I prodotti e servizi “green”, ovvero quelli che vantano alte prestazioni ambientali, sono economicamente competitivi rispetto ai corrispettivi tradizionali?
Molto spesso la risposta è negativa e la giustificazione è da attribuire ai costi di ricerca di materiali e dei processi o delle tecnologie di produzione. Ad essi si aggiunge, generalmente, un maggiore ricarico (inteso come rapporto tra il prezzo di vendita e costo al produttore), da imputare alla domanda di mercato ancora bassa per questi beni o servizi.
Per alcune tipologie merceologiche, tuttavia, il mercato è ormai consolidato da tempo e al consumatore finale sono proposti prezzi uguali o inferiori rispetto ai prodotti tradizionali. Gli esempi più facilmente individuabili negli scaffali dei supermercati sono la carta (assorbente, igienica) e i detersivi/detergenti marchiati Ecolabel, che, pur con prezzi concorrenziali, garantiscono prestazioni ambientali certificate.
Il costo del ciclo di vita dei prodotti “green”
Un’ulteriore considerazione da non tralasciare è relativa al Costo del Ciclo di Vita (Life Cycle Costing Analysis) dei prodotti. Si tratta di un dato che considera l’intero costo di vita comprendendo, oltre al costo di acquisto, anche:
- il costo dell’utilizzo (e la durata del bene),
- i costi di manutenzione e di gestione del “fine vita” (smaltimento, riuso, recupero, riciclo).
Grazie a queste considerazioni, si possono evidenziare delle scelte spesso all’acquisto più care ma nel complesso più convenienti: un esempio sono le lampadine (ormai tecnologia business as usual) e altre apparecchiature elettriche ed elettroniche a ridotto consumo energetico, che sono in grado di garantire, complessivamente nel loro utilizzo, un costo inferiore. Un ulteriore esempio possono essere le cartucce e i toner per i quali il costo dello smaltimento è ridotto.
Tale approccio è imposto, per esempio, alle Pubbliche Amministrazioni nel valutare la sostenibilità economica (integrando quella ambientale) per l’acquisto di beni e servizi, non affidandosi più al mero “massimo ribasso” applicato finora. È auspicabile che l’aumento della domanda di questi prodotti, per i quali l’indotto della P.A. è chiamato a fare da volano, contribuirà alla diminuzione del ricarico e del costo di produzione, e dunque del prezzo alla vendita, grazie alle economie di scala generate.
In attesa di ciò, è bene riflettere su quanto, come consumatori, siamo disposti a pagare in più per le caratteristiche dei prodotti acquistati. È ammissibile sostenere un costo maggiore per una maggiore qualità merceologica dell’oggetto o del servizio acquistato, oppure per un’invisibile impegno nello sviluppo che presupponiamo essere a monte di una tecnologia nuova o aggiornata.In passato non era ammissibile, ma fortunatamente lo è sempre più, accettare l’internalizzazione dei costi ambientali negli acquisti, ovvero accettare che i prodotti e i servizi siano venduti ed erogati a prezzi maggiori in quanto il processo produttivo a monte e a valle (fine vita) deve sostenere i costi, che prima ricadevano sulla collettività, per garantire delle prestazioni ambientali migliorate.